Giorgio Radice

Dall’autopresentazione per dipinti di MITO SPAZIOSO


“Un mondo aurorale il soggetto dei miei lavori: ère lontane, arcaiche, alle spalle da millenni – quel tempo delle origini, degli sguardi stupiti sul mondo, delle primordiali risposte fantastiche alle infinite domande dell’umanità sulle cose e sulle esistenze. Tempo di dee più che di dei. È la dea madre a dominare. Eurinome, la bella divinità dei popoli del mare che danza nuda sulle acque, complici il vento e il serpente, si trasforma in colomba per deporre l’uovo dal quale esploderà l’universo. Quale fervido canto intriso di accenti poetici per l’alba del mondo! Altro discorso quello dei “Volti” – soggetto parallelo questo nel mio lavoro , che fa da contrappunto alle visioni del Mito con la realtà incarnata del vivo sentimento umano odierno.”
Giorgio Radice nasce a Milano nel 1938 dove tuttora abita.

La sua formazione artistica e culturale inizia nello studio di Ugo Galetti, pittore nell’ambito dell’impressionismo lombardo, scrittore d’arte ed esperto attribuzionista. Il suo studio è frequentato da vari artisti: pittori, scultori, poeti, scrittori oltre che da critici e scrittori d’arte, tra i quali Ettore Camesasca. In seguito gli furono maestri (per l’arte moderna) anche Enrico Accatino e Mario Ballocco.

Prima di insegnare presso l’Istituto Superiore d’Arte del Castello Sforzesco, ha lavorato come grafico e redattore in alcune Case Editrici di Milano curando edizioni di libri oltre a riviste di settore e offrendo prestazioni professionali presso Garzanti e Mondadori.

Per quanto riguarda la sua pittura egli si ritiene uno spirito libero, affrancato da mode, stili e correnti. Ama definirsi semplicementes “uno che dipinge”, e dipinge ciò che gli piace e più lo convince. Quello che conta per lui è la validità del risultato.
Estratto dal testo per la mostra “ Le stanze della Dea” di Serena Spinelli

Il monolite si erge possente e speranzoso, tra cielo e terra. Nella nube divina un lembo bianco e sinuoso si anima – attratto dalla grafica e rossa essenza della torre primitiva.

Questo è il magico palcoscenico dove la Dea primigenia si manifesta per la prima volta… i suoi grandi occhi si spalancano sul mistero ed ella danza con leggiadra maestria tra antico e moderno…

Di certo veglia su di noi nell’inesorabile fluire del tempo, potenza femminea alla “periferia”, sì… della nostra coscienza.


Queste sono alcune delle sensazioni suscitate in me dalle opere di Giorgio Radice. A contatto col suo mondo immaginifico si è trasportati in una dimensione al contempo eterea e reale. È qui che la mitologia più affascinante e arcana appare attraverso il gesto pittorico e guizzante del pittore, interprete di un mondo antico e simbolico, artista dal linguaggio puro ed espressivo, il cui segno (ci) riconduce alla nostra perduta essenza. La Dea primigenia è Eurinome, la “prima donna” dell’opera. Personaggio che non proviene esclusivamente dalla grande famiglia greco-romana, ormai popolarissima, ma che invece affonda le sue radici nell’antica mitologia sumera e in tutto il bacino del Mediterraneo. Ella viaggia dunque tra mari e monti attraverso i continenti. Esaminando la genesi del suo nome scopriamo che Eurinome significherebbe “vagante in ampi spazi”. Lo “spazio”, che scaturisce dalle grandi e possenti macchie di colore contrapposte a pochi tocchi fulminei ed incisivi di grafite, è ampio in ogni senso del termine. Ne percepiamo la vastità e cominciamo anche noi ad essere attratti dalle sue possibilità, dall’importanza di queste pietre e di queste rivoluzioni nel cielo; entrambi elementi sono archetipi dell’universo naturale che ci ospita. Le pietre in particolar modo, hanno sempre affascinato l’uomo arcaico e questo rapporto che egli ha intrattenuto con la forza barbarica della pietra è uno dei leitmotiv più emblematici del lavoro di Radice.
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